COMUNICATO STAMPA – “Patto per il welfare in Toscana”, le associazioni di gestori di Rsa private non firmano. Per Uneba, Anaste, Arat, Arsa e Agespi non risolve le criticità del settore, lasciando senza risposta strutture e cittadini

Le associazioni rappresentative dei gestori privati di Rsa toscane non firmano il documento sulle criticità del settore condiviso dalla Regione perché non offre alcuna possibilità di superarle. Il testo, intitolato “Patto per il welfare in Toscana” e frutto di un confronto avviato proprio per giungere a un accordo, «non contiene alcun riferimento – spiegano – a ciò che la Regione intenda fare per consentire la copertura dei rinnovi contrattuali, né ai requisiti, ai criteri e all’entità delle quote sanitarie, lasciando così migliaia di cittadini toscani, che ne hanno diritto ma che si trovano in lista d’attesa, privi di una concreta risposta». Convocati per oggi, giovedì 13 febbraio, i gestori privati non partecipano e non sottoscrivono il documento. «Non ci sono le condizioni per la firma», ribadiscono.

Il testo

Nelle premesse si afferma che la Regione ha consapevolezza delle criticità del sistema, quindi anche della situazione delle Rsa, degli incrementi salariali previsti rinnovi dei CCNL – ad oggi quelle delle Cooperative Sociali e di UNEBA – nonché di voler scoraggiare l’applicazione di contratti meno vantaggiosi. A fronte di queste affermazioni assolutamente condivisibili, però, il testo che segue non contiene nulla in riferimento a possibili modi per superare tali criticità e sostenere gli incrementi dei rinnovi contrattuali, già effettuati per l’esercizio 2025, in assenza dei quali sono a rischio sia la sopravvivenza di molte Rsa sia la stessa applicazione integrale dei contratti sopra indicati.

«Né la Regione può tirarsi indietro rispetto alle proprie responsabilità», proseguono le associazioni. È infatti la Regione Toscana a stabilire i requisiti organizzativi, cioè quali figure professionali devono essere garantite e con quanti minuti di assistenza. Ed è sempre la Regione a determinare criteri ed entità della quota sanitaria, scaricando parte dei costi sanitari sulla parte sociale della retta a carico di cittadini e Comuni. È, infine, ancora la Regione a stabilire il tetto di compartecipazione della quota sociale da parte di Società della Salute e Comuni, a oggi congelato al 2016, per il quale servirebbe un adeguamento all’inflazione in primo luogo a favore dei cittadini utenti.

Altri aspetti riguardano inoltre la delibera sulla revisione del modello di presa in carico, che prevede l’attivazione di un tavolo tecnico, e il percorso avviato con ANCI: «Ci sia consentito nutrire qualche perplessità in merito all’ultimazione dei lavori previsti dalla DGR n. 843/2021 entro giugno 2025, oltretutto a fine legislatura – affermano – visto che non è stato possibile portarla a termine in quattro anniAnche il confronto con ANCI, finalizzato alla revisione della quota sociale, un impegno già assunto dalla Regione con l’accordo del primo settembre 2023 e ancora oggi non avvenuto, ci pare impossibile che possa concludersi prima della tornata elettorale». Ultima ma non meno importante osservazione quella sui rapporti con il Terzo settore, secondo quanto previsto dal nuovo codice del Terzo settore (DL n. 117/2017) e anche dalla LR n. 65/2020: «Amministrazione condivisa, coprogrammazione e coprogettazione sono rimasti sostanzialmente enunciazioni di principio», precisano.

Le associazioni:

UNEBA TOSCANA – ANASTE TOSCANA – ARAT – ARSA – AGESPI 

Fine vita, Lojudice: “La legge regionale toscana, una deriva pericolosa”

Dopo l’approvazione della norma che regola il suicidio medicalmente assistito, i vescovi della toscana esprimono la contrarietà della Chiesa e tornano a difendere il principio dell’inviolabilità della vita, dal concepimento alla morte naturale. Il cardinale Augusto Paolo Lojudice, presidente della Conferenza episcopale toscana: “E’ una grande sconfitta per tutti”

 

È davvero una sconfitta per tutti». Il cardinale Augusto Paolo Lojudice non un usa mezzi termini. All’indomani dell’approvazione della legge regionale sul suicidio medicalmente assistito approvata dal Consiglio regionale toscano, torna a ribadire tutta la contrarietà della Chiesa nei confronti di un provvedimento che assegna alla Toscana il triste primato di unica regione italiana ad aver varato una norma sul fine vita.

Via senza ritorno

Il presidente della Conferenza episcopale toscana, arcivescovo di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino e vescovo di Montepulciano – Chiusi-Pienza, in una lunga conversazione con i media vaticani scende ancora una volta in campo per difendere il principio dell’inviolabilità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale. E per esprimere un timore: «Quello che questa legge possa rappresentare la discesa di un crinale dal quale non sarà più possibile risalire. Adesso altre regioni si porranno la domanda se procedere nella stessa direzione. E poi credo che lo stesso parlamento dovrà assumersi la responsabilità di esprimersi in merito».

Ascolta l’intervista al cardinale Augusto Paolo Lojudice

Tragico, semplice, iter

La norma, che è stata strutturata sulla base di una legge di iniziativa popolare presentata dall’associazione Luca Coscioni poi emendata durante l’iter di approvazione, stabilisce determinate condizioni per accedere alla procedura. Un malato che abbia deciso di togliersi la vita presenta una semplice domanda alla propria Asl di appartenenza. A questo punto, si istituisce una commissione mista — etica e medica — che ha tassativamente venti giorni di tempo per prendere in esame la documentazione e decidere sulla legittimità della richiesta. Se l’esito risulta essere positivo, entro 10 giorni la commissione dovrà stabilire in che modo eseguire il suicidio medicalmente assistito: scegliere quale farmaco usare ed indicare quale sarà il medico che lo somministrerà. Il costo sarà totalmente a carico delle istituzioni locali, che per i prossimi tre anni hanno stanziato un finanziamento iniziale di 30 mila euro.

Difendere la vita

Anche se le norme contenute nel provvedimento partono da un principio che il presule reputa legittimo, quello di evitare che il suicidio assistito si compia nell’ombra, la risposta toscana per il cardinale Lojudice non è la soluzione: «È un po’ come l’aborto clandestino: certo che creare una situazione in cui non ci sia più nessun aborto clandestino è teoricamente sensato ma in realtà noi dobbiamo fare in modo che non si legalizzi ciò che non è oggettivamente giusto». Ora, prosegue il porporato, siamo di fronte ad una voragine senza fondo che va ben al di là di un pericoloso relativismo morale. «Nel mondo, ci sono tentativi di legalizzazione perfino di crimini molto gravi: mi riferisco, ad esempio, ad alcune campagne in favore della depenalizzazione della pedofilia».

Ripartire dai valori

Non si tratta, però, di fare una guerra contro questa legge sul fine vita. «Le guerre fanno perdere tutti. Il nostro compito è invece quello di aiutare la gente, soprattutto i più giovani, a misurarsi su delle tematiche di vita cristiana che contengano valori alti. Il pensiero cristiano che attraversa i tempi e le generazioni rappresenta la vera ossatura della nostra società». Poi, il porporato si rivolge direttamente ai cappellani negli ospedali, alle religiose, ai religiosi e ai volontari che operano negli hospice e in tutti quei luoghi dove ogni giorno ci si confronta con la malattia, il dolore e la morte: «Vi chiedo di non arrendervi e continuare ad essere portatori di speranza e di vita».

 

 

Festa della Madonna di Lourdes e festa del malato

L’11 Febbraio la Chiesa universale festeggia la ricorrenza grande della Madonna di Lourdes. In medesima occasione la Chiesa celebra la Giornata del malato. Il Santo Padre ha mandato il Suo Messaggio per la ricorrenza che vogliamo riportare di seguito in maniera integrale: ‘La speranza non delude (Rm 5, 5) e ci rende forti nella tribolazione’: Cari fratelli e sorelle! Celebriamo la XXXIII Giornata Mondiale del Malato nell’Anno Giubilare 2025, in cui la Chiesa ci invita a farci “pellegrini di speranza”. In questo ci accompagna la Parola di Dio che, attraverso San Paolo, ci dona un messaggio di grande incoraggiamento: «La speranza non delude» (Rm 5,5), anzi, ci rende forti nella tribolazione.

Sono espressioni consolanti, che però possono suscitare, specialmente in chi soffre, alcune domande. Ad esempio: come rimanere forti, quando siamo toccati nella carne da malattie gravi, invalidanti, che magari richiedono cure i cui costi sono al di là delle nostre possibilità? Come farlo quando, oltre alla nostra sofferenza, vediamo quella di chi ci vuole bene e, pur standoci vicino, si sente impotente ad aiutarci? In tutte queste circostanze sentiamo il bisogno di un sostegno più grande di noi: ci serve l’aiuto di Dio, della sua grazia, della sua Provvidenza, di quella forza che è dono del suo Spirito (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1808).

Fermiamoci allora un momento a riflettere sulla presenza di Dio vicino a chi soffre, in particolare sotto tre aspetti che la caratterizzano: l’incontro, il dono e la condivisione.

1. L’incontro. Gesù, quando invia in missione i settantadue discepoli (cfr Lc 10,1-9), li esorta a dire ai malati: «È vicino a voi il regno di Dio» (v. 9). Chiede, cioè, di aiutare a cogliere anche nell’infermità, per quanto dolorosa e difficile da comprendere, un’opportunità d’incontro con il Signore. Nel tempo della malattia, infatti, se da una parte sentiamo tutta la nostra fragilità di creature – fisica, psicologica e spirituale –, dall’altra facciamo esperienza della vicinanza e della compassione di Dio, che in Gesù ha condiviso le nostre sofferenze. Egli non ci abbandona e spesso ci sorprende col dono di una tenacia che non avremmo mai pensato di avere, e che da soli non avremmo mai trovato.

La malattia allora diventa l’occasione di un incontro che ci cambia, la scoperta di una roccia incrollabile a cui scopriamo di poterci ancorare per affrontare le tempeste della vita: un’esperienza che, pur nel sacrificio, ci rende più forti, perché più consapevoli di non essere soli. Per questo si dice che il dolore porta sempre con sé un mistero di salvezza, perché fa sperimentare vicina e reale la consolazione che viene da Dio, fino a «conoscere la pienezza del Vangelo con tutte le sue promesse e la sua vita» (S. Giovanni Paolo II, Discorso ai giovani, New Orleans, 12 settembre 1987).

2. E questo ci porta al secondo spunto di riflessione: il dono. Mai come nella sofferenza, infatti, ci si rende conto che ogni speranza viene dal Signore, e che quindi è prima di tutto un dono da accogliere e da coltivare, rimanendo «fedeli alla fedeltà di Dio», secondo la bella espressione di Madeleine Delbrêl (cfr La speranza è una luce nella notte, Città del Vaticano 2024, Prefazione).

Del resto, solo nella risurrezione di Cristo ogni nostro destino trova il suo posto nell’orizzonte infinito dell’eternità. Solo dalla sua Pasqua ci viene la certezza che nulla, «né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio» (Rm 8,38-39). E da questa “grande speranza” deriva ogni altro spiraglio di luce con cui superare le prove e gli ostacoli della vita (cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Spe salvi, 27.31). Non solo, ma il Risorto cammina anche con noi, facendosi nostro compagno di viaggio, come per i discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-53). Come loro, anche noi possiamo condividere con Lui il nostro smarrimento, le nostre preoccupazioni e le nostre delusioni, possiamo ascoltare la sua Parola che ci illumina e infiamma il cuore e riconoscerlo presente nello spezzare del Pane, cogliendo nel suo stare con noi, pur nei limiti del presente, quell’“oltre” che facendosi vicino ci ridona coraggio e fiducia.

3. E veniamo così al terzo aspetto, quello della condivisione. I luoghi in cui si soffre sono spesso luoghi di condivisione, in cui ci si arricchisce a vicenda. Quante volte, al capezzale di un malato, si impara a sperare! Quante volte, stando vicino a chi soffre, si impara a credere! Quante volte, chinandosi su chi è nel bisogno, si scopre l’amore! Ci si rende conto, cioè, di essere “angeli” di speranza, messaggeri di Dio, gli uni per gli altri, tutti insieme: malati, medici, infermieri, familiari, amici, sacerdoti, religiosi e religiose; là dove siamo: nelle famiglie, negli ambulatori, nelle case di cura, negli ospedali e nelle cliniche.

Ed è importante saper cogliere la bellezza e la portata di questi incontri di grazia e imparare ad annotarseli nell’anima per non dimenticarli: conservare nel cuore il sorriso gentile di un operatore sanitario, lo sguardo grato e fiducioso di un paziente, il volto comprensivo e premuroso di un dottore o di un volontario, quello pieno di attesa e di trepidazione di un coniuge, di un figlio, di un nipote, o di un amico caro. Sono tutte luci di cui fare tesoro che, pur nel buio della prova, non solo danno forza, ma insegnano il gusto vero della vita, nell’amore e nella prossimità (cfr Lc 10,25-37).

Cari malati, cari fratelli e sorelle che prestate la vostra assistenza ai sofferenti, in questo Giubileo voi avete più che mai un ruolo speciale. Il vostro camminare insieme, infatti, è un segno per tutti, «un inno alla dignità umana, un canto di speranza» (Bolla Spes non confundit, 11), la cui voce va ben oltre le stanze e i letti dei luoghi di cura in cui vi trovate, stimolando e incoraggiando nella carità «la coralità della società intera» (ibid.), in una armonia a volte difficile da realizzare, ma proprio per questo dolcissima e forte, capace di portare luce e calore là dove più ce n’è bisogno.

Tutta la Chiesa vi ringrazia per questo! Anch’io lo faccio e prego per voi affidandovi a Maria, Salute degli infermi, attraverso le parole con cui tanti fratelli e sorelle si sono rivolti a Lei nel bisogno:

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio.
Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova,
e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.

Vi benedico, assieme alle vostre famiglie e ai vostri cari, e vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me.

Roma, San Giovanni in Laterano, 14 gennaio 2025

Papa Francesco

Nuovo Arcivescovo di Pisa

Uneba Toscana apprende con grande gioia e accoglie come dono il nuovo Arcivescovo dell’arcidiocesi di Pisa padre Saverio Cannistra’ che il Santo Padre Papa Francesco ha scelto per Pisa. Unitamente al benvenuto al nuovo Arcivescovo con il quale collaboreremo in maniera fattiva anche sulle nuove sfide che si presentano, anche interpretando quando espresso da Uneba Sez. Prov.le Pis, si espreme un sentito e non solo formale ringraziamento all’arcivescovo uscente S. E. Mons. Giovanni Paolo Benotto per il grande lavoro pastorale, il supporto e la vicinanza espressa sempre alla nostra realtà; dai momenti difficilissimi del Covid-19 quando si informava continuamente sulla situazione nelle strutture e partecipava attivamente alle varie iniziative, fino alla presenza nel rinnovo delle cariche associative, ai convegni ed al supporto importante a fianco dei piu deboli ed anziani in ogni realtà. Grazie Eccellenza e benvenuto padre Saverio!

 

Adempimento RENTRI entro 13 Febbraio

Si ricorda a tutte le strutture e servizi che dal 15 dicembre 2024 sono attivi i servizi per l’iscrizione al RENTRI.
Entro il 13 febbraio 2025, prima scadenza prevista dal D.M. 59/2023 per l’iscrizione, dovranno iscriversi queste categorie:
– impianti di recupero e smaltimento di rifiuti, trasportatori e intermediari di rifiuti;
– imprese con più di 50 dipendenti che producono rifiuti pericolosi oppure rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, artigianali e dal trattamento di rifiuti, acque e fumi.
Dal 13 febbraio 2025 questi soggetti dovranno tenere i registri di carico e scarico, con i nuovi modelli ed in formato digitale, utilizzando i propri sistemi gestionali o i servizi di supporto messi a disposizione dal RENTRI.

Fine vita: la nota dei vescovi toscani

L’intervento sulla proposta di legge regionale toscana riguardante il cosiddetto “suicidio assistito”

I vescovi Toscani, riuniti a Livorno per il consueto incontro, ritengono opportuno offrire alcuni spunti al dibattito sulla proposta di legge regionale riguardante il cosiddetto “suicidio assistito” che presto verrà discussa in aula del Consiglio regionale della Toscana.

Di seguito la nota:

Siamo consapevoli che questa proposta di legge assume per molti un valore simbolico, nel senso che si chiede alla Regione Toscana di “forzare” la lentezza della macchina politica statale chiamata a dare riferimenti legislativi al tema – importantissimo – del fine vita.

Vorremmo in primo luogo invitare i consiglieri regionali e i dirigenti dei loro partiti a non fare di questo tema una questione di “schieramento” ma di farne un’occasione per una riflessione profonda sulle basi della propria concezione del progresso e della dignità della persona umana.

In questo può essere d’aiuto la lettura attenta del documento “Dignitas infinita” pubblicato recentemente dal Dicastero per la Dottrina della Fede, che esprime nel modo più attuale la visione che nasce dall’esperienza cristiana, offrendo un contributo significativo su questi temi di grande drammaticità.

L’altro elemento che può aiutare a fare una scelta legislativa è proprio la storia della nostra Regione. Nella cura delle persone in condizione di fragilità la Toscana è stata esempio per tutti: la nascita dei primi ospedali, dei primi orfanotrofi, delle associazioni dedicate alla cura dei malati e dei moribondi, come le Misericordie, e poi tutto il movimento del volontariato, sono un’eredità che continua viva. Ci sembra che in un momento di crisi del sistema sanitario regionale, più che alla redazione di “leggi simbolo”, i legislatori debbano dare la precedenza al progresso possibile anche nel presente quadro legislativo, in un rinnovato impegno riguardo alle cure palliative, alla valorizzazione di ogni sforzo di accompagnamento e di sostegno alla fragilità.

La vita umana è un valore assoluto, tutelato anche dalla Costituzione: non c’è un “diritto di morire” ma il diritto di essere curati e il Sistema sanitario esiste per migliorare le condizioni della vita e non per dare la morte.

Anche da parte nostra vogliamo affermare la necessità di leggi nazionali aggiornate e siamo disponibili al dialogo e all’approfondimento sul grande tema del fine vita, pronti ad ascoltare e ad apportare, per la passione per ogni persona umana che impariamo da Gesù Cristo e che viene offerta a tutti come contributo libero alla nostra società.

I Vescovi della Toscana

Livorno 28 gennaio 2025

Fonte:

Nuovo contratto, Uneba presenta le novità – Diretta YouTube

Nuovo contratto Uneba firmato a gennaio 2025: quali le principali novità? Cosa cambia, con il nuovo contratto, nella operatività quotidiana di un ente Uneba?

Se ne parla venerdì 7 febbraio dalle 9 alle 10.30 sul canale YouTube di Uneba per un nuovo appuntamento con “Uneba Risponde”.
Introduce:

  • Alessandro Baccelli, segretario generale di Uneba, che ha guidato la delegazione Uneba nelle trattative con i sindacati sul rinnovo del contratto

Relatori:

  • Valeria Gamba ed Alessandro Palladini, coordinatori della delegazione trattante

Moderatore sarà Giovanni Di Bari, componente della delegazione.
Referente per “Uneba Risponde” è Giuseppe Guaricci, responsabile Uneba per la formazione a distanza

Durante la diretta sarà possibile rivolgere quesiti sul contratto ai relatori.
E’ possibile inviare quesiti sull’applicazione del Contratto anche al servizio SAIL di Uneba alla mail sail@uneba.org. Il servizio è riservato solo agli enti associati Uneba.

Non è necessario iscriversi o prenotarsi per la diretta video del 7 febbraio: è sufficiente collegarsi alla pagina YouTube di Uneba nell’orario indicato.
Il video resterà disponibile sul sito Uneba dopo il termine della diretta.

Per saperne di più: